I nostri bambini della classe quarta di Scopello, dopo aver imparato che, anche 100 anni fa la popolazione ha dovuto affrontare un'epidemia simile a quella che stanno vivendo oggi, hanno immaginato di vivere a quei tempi. Dalle loro parole escono tutte le emozioni di questo momento strano. Vale la pena leggerli. Hanno lavorato a casa e trasmesso tutto alla scuola attraverso la piattaforma Edmodo, con cui siamo in contatto giornalmente.
Questa mattina, quando mi sono svegliato, ho guardato dalla finestra e
non c’era nessuno.
Mia mamma mi ha preparato la colazione sulla stufa: pane e marmellata con latte. La maestra mi ha spedito una lettera con scritti i compiti da fare. Dopo aver fatto i compiti io e i miei fratelli abbiamo preparato la tavola.
Nel pomeriggio abbiamo giocato con le carte da scopa e ho vinto io, abbiamo giocato anche con le mucche di legno.
Mia mamma mi ha preparato la colazione sulla stufa: pane e marmellata con latte. La maestra mi ha spedito una lettera con scritti i compiti da fare. Dopo aver fatto i compiti io e i miei fratelli abbiamo preparato la tavola.
Nel pomeriggio abbiamo giocato con le carte da scopa e ho vinto io, abbiamo giocato anche con le mucche di legno.
Mangio cose sane che mi cucina mia mamma, di pomeriggio esco nel prato
con il mio cane.
I compiti li faccio su una piccola scrivania di legno con la penna ad
inchiostro. Non usciamo tanto perché c’è la Spagnola che è un’influenza che
uccide tante persone e tanti giovani. Per ora noi stiamo tutti bene!
In questo periodo c’è anche la guerra mondiale e quando sento questa
parola mi spavento. Io mi sento triste per le persone che muoiono.
Achille
Mi chiamo
Andrea e abito a Scopello, un piccolo paese di montagna. Nelle ultime settimane
sono costretto a stare a casa come tutte le altre persone perché c’è
un’epidemia chiamata Spagnola che sta facendo molte vittime.
Sono molto
spaventato perché ho saputo che i bambini dei miei vicini di casa si sono
ammalati e per questo i miei genitori hanno impedito a me e ai miei due
fratelli di uscire a giocare.

Per il cibo
non abbiamo problemi perché abbiamo una mucca che ci dà il latte, le galline
che ci danno le uova e, ogni tanto, mangiamo qualche coniglio del nonno e la
verdura la prendiamo dall’orto.
L’unica cosa
positiva è che non vado a scuola ma la mamma mi fa scrivere qualcosa per non
disabituarmi.
Le giornate
le trascorro aiutando i miei genitori con gli animali e la mamma a preparare il
formaggio e il pane.
Sono
contento quando mi mandano a prendere il latte nella stalla perché di nascosto
ne bevo un po’. Il nonno sta aiutando me
e i miei fratelli a costruire un carretto con le rotelle di legno, così, quando
tutto sarà finito, potrò giocarci.
Alla sera
vado a dormire presto e mi piace leggere qualche pagina del mio libro nel
letto, anche se, con la luce della lanterna, non ci vedo bene.
Spero che i
miei vicini guariscano e che questa brutta malattia finisca al più presto, così
potrò tornare a giocare, ad andare a scuola e potrò finalmente portare la mia
mucca al pascolo.
Andrea
Oggi è il 20
marzo 1920 e fuori casa nevica.

Per fortuna
il papà, la mamma, mio fratello ed io stiamo bene. Il papà e mio fratello più grande tagliano la
legna, io vado a prendere l’acqua alla
fontana e la mamma cucina. La mamma mi ha anche promesso che quest’estate
andremo all’alpe tutti insieme a mangiare il formaggio.
Leonardo
Si può solo uscire a portare gli animali a pascolare; andiamo io e il papà e, quando abbiamo finito, portiamo il latte alla mamma e insieme facciamo il formaggio.
Sono
preoccupato per mia nonna che ha preso l’influenza al lavatoio mentre lavava i
vestiti: è anziana, speriamo che guarisca presto.
Mi manca il
mio amico Achi, proverò a mandargli una lettera anche se ci metterò un po’!
Pietro
Alla Piana, dove abito io, lunedì 30 marzo 1920 siamo tutti chiusi in casa per l’influenza spagnola. Noi stiamo tutti bene e per passare il tempo ascolto le storie che mi racconta la nonna e gioco con il gatto. Il nonno munge, la mamma cucina, il papà lima i coltelli e mio fratello costruisce delle cataste con dei piccoli legnetti. Io esco di casa solo per andare a prendere le uova nel pollaio. Sono giorni duri e difficili ma ce la faremo.
Camilla

stiamo bene. Non posso vedermi con i nonni e con le mie amiche e questo mi fa piangere ogni tanto. Dato che oggi è il mio compleanno la mamma, per farmi sentire meno triste, mi ha cucinato la polenta concia che mi piace tanto. Mentre mio papà e mio fratello sono andati a tagliare la legna, io ho aiutato la mamma a cucinare. Dopo sono andata nel prato davanti a casa e ho raccolto dei bellissimi fiorellini colorati. Tutto è triste ma cerchiamo di stare al sicuro nella nostra piccola casa.
Nel 1920 dovevamo stare a casa per non prendere le malattie brutte come per esempio la Spagnola e anche perché non avevamo le medicine e la tecnologia di oggi. Dovevamo stare a casa e le mascherine si facevano in casa.
Annalisa

Scrivevano: "tantissimi morti, città invase, restare a casa e non uscire per nessuna ragione". Tra guerra ed epidemie i morti non cessavano, non riuscivano a seppellirli ed inventarono delle mascherine di stoffa che coprivano il naso e la bocca evitando il contagio da raffreddore e tosse. Tutto finì all'improvviso nel 1920. Riaprirono teatri, negozi e chiese e pure i mercati. Si aggiunsero tombe nei cimiteri.
Elia
Le conseguenze della pandemia della Spagnola.
E’ stata molto
tragica e complessa. Oggi è diverso perché nel 1918 c’era la guerra.
Penso che a quel tempo deve essere stato molto difficile far
fronte alla vita di tutti i giorni con un virus di quelle dimensioni. Se
avevano i sintomi, come facevano ad avvisare il medico? Dove potevano andare?
Le persone che avevano parenti che vivevano lontano come potevano sapere di
loro? So come stanno i miei parenti lontani che vivono in Argentina, perché
posso inviare messaggi, fare videochiamate, ogni giorno, tutte le volte che
voglio attraverso il cellulare.
Cosa faceva un bambino di dieci anni in quella situazione e
in quel momento? Quando in questo
momento io ho l’opportunità di continuare i miei studi, anche se in un modo
diverso. Mi sembra che non siamo mai preparati alle pandemie, né nel passato,
né nel presente, perché se lo fossimo, non ci sarebbero così tante vittime. Un
giorno impareremo dalla storia?
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